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L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali con il provvedimento generale datato 8 aprile 2010 ha dettato nuove regole in materia di videosorveglianza abrogando il precedente provvedimento del 29 aprile 2004. In realtà il nuovo provvedimento riprende molti concetti fondamentali contenuti nel precedente con l'introduzione di alcune importanti novità. Nel provvedimento, difatti, sono inequivocabilmente sanciti dei principi fondamentali da rispettare nel caso di installazione di telecamere. In particolar modo viene precisato che l’installazione di telecamere è lecita solo se è proporzionata agli scopi che si intendono perseguire. Gli impianti di videosorveglianza devono essere attivati solo quando altre misure siano insufficienti o inattuabili. L’eventuale conservazione delle immagini deve essere limitata nel tempo. I cittadini devono sapere sempre e comunque se un’area è sottoposta a videosorveglianza. Se è vero che il diritto alla protezione dei dati personali non pregiudica l’adozione di misure efficaci per garantire la sicurezza e l’accertamento degli illeciti è anche vero che l’installazione di sistemi di videosorveglianza non deve però violare la privacy dei cittadini e deve essere conforme al codice in materia di protezione dei dati personali. Il provvedimento del Garante ha dettato dei principi di carattere generale validi sia per i soggetti pubblici che per quelli privati adottati nel rispetto di quelle fondamentali prescrizioni in tema di privacy, di liceità, necessità, proporzionalità e finalità. Quindi i sistemi di videosorveglianza possono riprendere persone identificabili solo se, per raggiungere gli scopi prefissati, non possono essere utilizzati dati anonimi. La raccolta e l’uso delle immagini sono consentiti solo se fondati su presupposti di liceità: cioè, per i soggetti pubblici, quando siano necessari allo svolgimento di funzioni istituzionali e, per i privati, quando siano necessari per adempiere ad obblighi di legge o effettuate per tutelare un legittimo interesse. Inoltre, prima di installare un impianto di videosorveglianza occorre valutare se la sua utilizzazione sia realmente proporzionata agli scopi perseguiti o se non sia invece superflua. Gli impianti devono cioè essere attivati solo quando altre misure (sistemi d’allarme, altri controlli fisici o logistici, misure di protezione agli ingressi ecc.) siano realmente insufficienti o inattuabili. Di particolare rilevanza è la c.d. verifica preliminare per cui i trattamenti di dati personali nell'ambito di una attività di videosorveglianza devono essere effettuati rispettando le misure e gli accorgimenti prescritti dall’Autorità Garante come esito di una verifica preliminare attivata d'ufficio o a seguito di un interpello del titolare (art. 17 del Codice), quando vi sono rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare. Basti pensare a sistemi di videosorveglianza che prevedono un intreccio delle immagini con altri particolari (es. dati biometrici, voce) o in caso di digitalizzazione delle immagini o di sorveglianza che valuti percorsi e lineamenti (es. riconoscimento facciale) o ancora ai sistemi intelligenti o ai sistemi integrati di videosorveglianza. Un riferimento specifico è dedicato anche alle misure di sicurezza. Quindi i dati raccolti mediante sistemi di videosorveglianza devono essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di distruzione, di perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato, di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, anche in relazione alla trasmissione delle immagini (artt. 31 e ss. del Codice). Devono quindi essere adottate specifiche misure tecniche ed organizzative che consentano al titolare di verificare l'attività espletata da parte di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa (se soggetto distinto dal titolare medesimo, nel caso in cui questo sia persona fisica). I cittadini che transitano nelle aree sorvegliate devono essere informati della rilevazione dei dati. L’informativa (della quale il Garante ha anche messo a disposizione modelli semplificati: un cartello con un simbolo ad indicare l’area videosorvegliata o anche un cartello che faccia esplicito riferimento all’esistenza di un collegamento del sistema di videosorveglianza con le forze di polizia) deve essere chiaramente visibile ed indicare chi effettua la rilevazione delle immagini e per quali scopi. In caso di registrazione, il periodo di conservazione delle immagini deve essere limitato: a poche ore o al massimo 24 ore, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a indagini. Per attività particolarmente rischiose (es. banche, videosorveglianza esercitata dai comuni per esigenze di sicurezza urbana) è ammesso un tempo più ampio, che non può superare comunque la settimana. Per particolari esigenze è necessaria poi la verifica preliminare dell’Autorità. Va limitata rigorosamente la creazione di banche dati quando è sufficiente installare un sistema a circuito chiuso di sola visione delle immagini senza la loro registrazione (monitoraggio del traffico, controllo del flusso ad uno sportello ecc.). Il provvedimento del Garante detta regole riservate anche ai soli soggetti pubblici. Difatti viene precisato che un ente può effettuare attività di videosorveglianza solo ed esclusivamente per svolgere funzioni istituzionali. Anche quando un’amministrazione ed in particolare un ente locale è titolare di compiti di sicurezza urbana, di pubblica sicurezza o prevenzione dei reati, per installare telecamere deve comunque ricorrere un'esigenza effettiva e proporzionata di prevenzione o repressione di pericoli concreti. Non è quindi lecita, senza tale valutazione, una capillare videosorveglianza di intere aree cittadine. Argomento a parte è poi rappresentato dall’utilizzo di dispositivi elettronici per la rilevazione di violazioni al Codice della strada che viene specificamente regolamentato dall’Autorità Garante allo scopo di evitare un trattamento dei dati personali eccedente rispetto alle finalità da raggiungere. Vengono dettate nel provvedimento regole specifiche per la videosorveglianza nei luoghi di lavoro dove viene ribadito dall'Autorità il divieto assoluto di controllo a distanza dei lavoratori nel rispetto delle garanzie previste in materia di lavoro, sia all’interno degli edifici, sia in altri luoghi di prestazione del lavoro, si dettano particolari accorgimenti anche per la videosorveglianza esercitata in ospedali e case di cura, istituti scolastici, per esigenze di sicurezza del trasporto pubblico. Particolare attenzione è dedicata anche ai sistemi integrati di videosorveglianza che richiedono specifiche misure di sicurezza come l’adozione di sistemi idonei alla registrazione degli accessi logici degli incaricati e delle operazioni compiute sulle immagini registrate, compresi i relativi riferimenti temporali, con conservazione per un periodo di tempo congruo all'esercizio dei doveri di verifica periodica dell'operato dei responsabili da parte del titolare, comunque non inferiore a sei mesi; la separazione logica delle immagini registrate dai diversi titolari. Particolarmente pesanti sono le sanzioni amministrative previste in caso di inosservanza delle disposizioni contenute nel provvedimento (art. 162 comma 2-ter del Codice in materia di protezione dei dati personali) al di là della configurazione di eventuali illeciti penali. Si ricorda che anche il codice per la protezione dei dati personali disciplina la delicata materia della videosorveglianza prevedendo all'art. 134 la promozione da parte del Garante della sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini. |
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